25 luglio 2018

Il 25 luglio 1978 inizia ufficialmente l’era della Procreazione Medicalmente Assistita: nel mondo nati oltre 5 milioni di bambini grazie alla PMA

        25 luglio 1978: una data storica, rivoluzionaria, nel campo della Riproduzione Medicalmente Assistita. A Oldham, cittadina nel Nord dell’Inghilterra, nasce Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta grazie alla fecondazione assistita, tecnica che risulterà fondamentale per affrontare con successo infertilità e sterilità.

        Da quel giorno di tempo ne è trascorso davvero molto e in questi 40 anni la PMA ha sviluppato tecniche sempre più sicure, mettendo a disposizione delle pazienti opzioni sempre più sofisticate e raggiungendo risultati fino ad allora impensabili.

Cellula        Basti pensare che oggi nel mondo, grazie alla fecondazione artificiale, sono nati più di cinque milioni di bambini. E in Europa, se nel 1995 si contavano 100mila cicli, nel 2014 questo numero ha raggiunto quota 700mila. Attualmente negli Stati Uniti e nel Vecchio Continente una percentuale compresa tra l’1 e il 3% delle nascite avviene in seguito ad una tecnica di PMA.

        “La Procreazione Medicalmente Assistita rappresenta la realizzazione di un sogno per le coppie infertili che desiderano avere un figlio – afferma la Dott.ssa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma – Nel futuro la ricerca scientifica si appresta ad affrontare nuove e affascinanti sfide: dal ringiovanimento ovarico alla preservazione della fertilità nei pazienti oncologici e, grazie agli studi su ovociti e spermatozoi, sarà possibile indagare sempre più a fondo sull’infertilità. Non solo: lo sviluppo della diagnosi pre-impianto aiuterà a contrastare gravi malattie genetiche”.

        La Spagna è il Paese all’avanguardia ma anche in Italia, soprattutto negli ultimi anni, sono stati ottenuti risultati davvero eccezionali. A partire dall’inseminazione fino alla fecondazione in vitro e all’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI): nel 2016 sono stati 97.656 i cicli effettuati; con 12.836 mila bambini nati vivi, pari al 2,6% del totale dei bimbi nati.

        Ogni anno nel nostro Paese si registrano più di 22mila cicli di trattamento di I livello (inseminazione semplice) e oltre 55mila di PMA in vitro di II e III livello (FIVET, ICSI, e GIFT), mentre sono stati 2.800 i cicli effettuati con donazione di gameti: un numero che corrisponde al 2,9% di tutte le tecniche di PMA realizzate.

        Secondo i dati di sintesi dell’attività di PMA per l’anno 20161, se si prendono in esame tutte le tecniche, omologa ed eterologa, sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro), dal 2015 al 2106 aumentano le coppie trattate (da 74.292 a 77.522), i cicli effettuati (da 95.110 a 97.656) e i bambini nati vivi (da 12.836 a 13.582).

        Resta costante l’età media delle donne che si sottopongono a tecniche omologhe a fresco: 36,8 anni. Si conferma l’aumento progressivo delle donne con più di 40 anni che accedono a queste tecniche: sono il 35,2% nel 2016, erano 20,7% del 2005. Nella fecondazione eterologa l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (41,4 anni) e minore se la donazione è di seme (35,2).

        Dal 2014 in Italia è possibile fare ricorso alla fecondazione eterologa, anche se questa tecnica deve fare i conti con lo scarso numero di ovodonatrici e con la disomogeneità regionale nell’accesso ai servizi sanitari.

        A 40 anni dalla nascita straordinaria di Louise Brown, oggi mamma di due bambini, gli esperti della PMA si trovano dunque ad affrontare sfide affascinanti. Le tecniche e le terapie sono ormai personalizzate, sono cioè ‘cucite’ su misura per ogni singolo paziente. Oggi, inoltre, si tende a trasferire un solo embrione nell’utero per evitare gravidanze multiple che possono risultare pericolose per le madri e per i figli.


Fonte  http://www.meteoweb.eu/2018/07/25-luglio-1978-procreazione-medicalmente-assistita-pma/1127879/#ECvIgB4PSBB4XY08.99

24 luglio 2018

Louise Brown, la prima bambina nata in provetta, compie 40 anni

        «Questa settimana è quella del mio 40° compleanno. Come la maggior parte delle persone, probabilmente preferirei non farlo sapere troppo in giro. Ma, in tutto il mondo, il 25 luglio si celebra anche il 40° anniversario della fecondazione in vitro, la procedura che ha portato alla mia nascita».

        Louise Brown è stata la prima bambina concepita «in provetta». È nata all’ospedale di Oldham, nel Nord dell’Inghilterra, e ha cambiato la storia della medicina. Ha raccontato la sua vita in un libro, 40 Years of IVF – My Life as the world’s first test tube baby, che si può trovare qui.

        «Una ricerca del mese scorso afferma che otto milioni di persone sono nate attraverso la fecondazione in vitro, da allora. Una mostra al Science Museum di Londra parla di sei milioni: nessuno è sicuro dei dati esatti perché ogni giorno ci sono bambini che nascono attraverso tecniche di riproduzione assistita.

        Quando sono nata, Patrick Steptoe e Robert Edwards, i due uomini che hanno inventato la tecnica, hanno suggerito che il mio secondo nome fosse Joy. Hanno detto che la mia nascita avrebbe portato gioia a tante persone. Quarant’anni e milioni di bambini dopo, molti saranno d’accordo sul fatto che avevano ragione.

        La fecondazione in vitro, nelle sue molteplici forme, dà speranza alle persone che temono di non poter avere un figlio. Sono cambiate così tante cose nei decenni passati, ma non il desiderio delle coppie di avere bambini.

        Mia madre, Lesley Brown, andò dal medico perché soffriva di depressione. Ma al centro di tutto c’era la sua impossibilità di avere un figlio con mio padre, John. Quando hanno sentito di questo esperimento, si è riaccesa in loro la speranza. Anche se non era mai stato portato a termine prima, era qualcosa a cui aggrapparsi. E ha portato felicemente alla mia nascita. Per loro ha funzionato anche dopo, con mia sorella Natalie, nata nel 1982 (è stata la quarantesima al mondo). Questa possibilità, oggi, è a disposizione di tutte le coppie, e grazie ai pionieri la strada è più facile che mai da percorrere.

        Certo, ci sono discussioni sui tassi di successo delle diverse tecniche, che purtroppo non funzionano per tutti. Il dibattito morale su quanto la scienza dovrebbe spingersi nella genetica, intanto, si accende. La fecondazione in vitro ora è un settore multimiliardario in tutto il mondo e molto dipende da dove si vive e da quali aiuti si hanno a disposizione, e da quanto si deve spendere.

        Ogni giorno donne e uomini iniziano questo viaggio. Prima devono prendere il coraggio di ammettere a se stessi che le cose non stanno funzionano, nella parte più intima delle loro vite. Devono condividere i loro problemi con medici e specialisti. Alcuni lo nascondono anche ai loro migliori amici e ai familiari.

        Potrebbero aver bisogno di qualche semplice accorgimento o di operazioni – come ha fatto mia madre – prima di tentare la fecondazione assistita. Al giorno d’oggi vengono utilizzate diete, medicine, computer e persino la robotica: è difficile, per chi sta vivendo tutto questo, riuscire a concentrarsi sul suo vero desiderio, che è quello di poter tenere un bambino tra le braccia.

        Purtroppo, i pionieri – mia madre e mio padre, Patrick Steptoe, Robert Edwards e non dimentichiamo il loro fantastico assistente Jean Purdy, che è rimasto sveglio tutta la notte a guardare le cellule, che sarebbero diventate me, dividersi in una capsula di Petri – sono tutti morti.

        Certamente, mia madre non avrebbe mai immaginato a cosa avrebbe portato la mia nascita. Quarant’anni dopo, altri scienziati stanno spingendo ancora oltre i confini, gli embriologi stanno inventando nuove tecniche e le questioni morali sono ancora in fase di dibattito. La fecondazione in vitro sta svolgendo un ruolo enorme nella trasformazione delle famiglie omogenitoriali, che adesso possono diventare genitori.

        Agli uomini e alle donne che stanno provando questa tecnica, dico: “Non perdete mai la speranza”. Ai medici e agli embriologi auguro di continuare bene il loro lavoro, e a tutti coloro che sono coinvolti nella fecondazione in vitro, dico: “Grazie per tutto quello che avete fatto, a nome di milioni di bambini“.

        Già. Una volta ero l’unico al mondo. Ora, siamo milioni e non possiamo più essere ignorati».

Fonte https://www.vanityfair.it

19 luglio 2018

In aumento le coppie che ricorrono alla procreazione assistita, boom dell'eterologa

         Aumenta in Italia il ricorso alla procreazione assistita. È il dato che emerge dalla relazione annuale sull'attività dei centri italiani trasmessa dal ministero della Salute al Parlamento.
Dal 2015 al 2016 le coppie che si sono sottoposte a trattamenti di fecondazione assistita sono passate da 74292 a 77522 e l'incremento è determinato soprattutto dal ricorso all'eterologa e a tecniche omologhe con crioconservazione di gameti. Cresce anche il numero dei bambini nati vivi, da 12836 a 13582.

• AUMENTANO I BIMBI NATI CON L'ETEROLOGA

In aumento le coppie che ricorrono alla procreazione assistita, boom dell'eterologa         Il rapporto del ministero della Salute mostra che in un anno i bimbi nati con fecondazione eterologa sono aumentati del 142 per cento, passando da 601 a 1457. E mentre le coppie che fanno ricorso alla fecondazione omologa risultano in calo, quelle che si sono rivolte alla procreazione assistita con donazione di gameti ha visto una crescita del 121 per cento. Dei  6247 cicli di fecondazione eterologa, 1611 sono con donazione di seme, pari al 25,8 per cento, 2901 sono quelli con donazione di ovociti (freschi e congelati), pari al 46,4 per cento, 1735 sono quelli con embrioni, precedentemente formati da gameti donati e crioconservati, pari al 27,8 per cento. I cicli che hanno utilizzato seme donato importato ("eterologa maschile") sono 1.369, pari al 84,4 per cento del totale dei cicli con donazione di seme, e i cicli con ovociti importati ("eterologa femminile") sono 2.727, pari all'94 per cento del totale dei cicli con donazione di ovociti.

• LE COPPIE SI AFFIDANO AI CENTRI PUBBLICI
         Si conferma la tendenza secondo cui il maggior numero dei trattamenti di fecondazione assistita viene effettuato nei centri pubblici e privati convenzionati. Infatti, nonostante i centri privati siano in numero superiore a quelli pubblici (101 contro 64), nel privato si effettuano meno cicli di trattamento. Il 35 per cento dei centri è pubblico ed effettua il 37,1 per cento dei cicli; il 9,8 per cento è privato convenzionato ed effettua il 28,8 per cento dei cicli, il 55,2 per cento è privato ed effettua il 34,1 per cento dei cicli.

• CRESCE L'ETÀ DELLA DONNA
         Nel 2005 le donne over 40 che accedevano alla fecondazione assistita erano il 20,7 per cento, nel 2016 sono diventate il 35,2. Resta costante l'età media delle donne che si sottopongono a tecniche omologhe a fresco: 36,8 anni. Nella fecondazione eterologa l'età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (41,4 anni) e minore se la donazione è di seme (35,2). La maggiore età di chi accede alla "eterologa femminile" rispetto all'omologa, dice il ministero, sembra indicare che questa tecnica sia scelta soprattutto per infertilità fisiologica, dovuta appunto all'età della donna, e non per patologie specifiche.

• QUANTO INCIDE L'ETÀ
         All'aumentare dell'età il rapporto tra gravidanze ottenute e cicli iniziati subisce una progressiva flessione mentre il rischio che la gravidanza ottenuta non termini con un parto aumenta. I tassi di successo diminuiscono  dal 23,9 per cento per le pazienti con meno di 35 anni al 4,5 per cento per quelle con più di 43 anni.

Fonte http://www.repubblica.it

18 luglio 2018

PMA, l’importanza della personalizzazione

Con quali ormoni viene effettuata la stimolazione ovarica?
        La stimolazione ovarica si esegue con la somministrazione di FSH (follicle-stimulating hormone, ormone follicolo-stimolante), cioè un ormone prodotto dall’ipofisi e fisiologicamente presente nell’organismo femminile. Nel corso degli anni alcuni brillanti ricercatori, con un ruolo rilevante anche degli italiani, sono riusciti a ottenere l’FSH con tecnologie sempre più avanzate, prima attraverso l’isolamento nelle urine, poi attraverso tecniche di ingegneria genetica. In ogni caso, qualunque sia la sua derivazione, l’ormone utilizzato dagli anni ‘80 come base della stimolazione ovarica è sempre l’FSH.

       Viene somministrato alle pazienti su base giornaliera attraverso iniezioni sottocute, e durante la stimolazione, che ha la durata media di 11-12 giorni, vengono eseguiti alcuni controlli ecografici e ormonali per accertarsi che la crescita follicolare proceda come desiderato.

Come procede il protocollo di stimolazione?
        Nel corso degli ultimi trent’anni sono nati in verità moltissimi protocolli di stimolazione ovarica, ma essenzialmente due sono quelli più usati: il primo è il protocollo “lungo”, con agonisti del GnRH (gonadotropin-releasing hormone), l’ormone di rilascio delle gonadotropine; l’altro è il protocollo “corto”, che utilizza l’antagonista del GnRH.

        Quando i follicoli sono pronti, cioè hanno raggiunto le dimensioni corrette, si somministra un ultimo farmaco che permette di raggiungere la maturità cellulare dell’ovocita e si procede infine con il cosiddetto recupero ovocitario. Questo ultimo farmaco è l’hCG (human chorionic gonadotrophin). Un ormone che lega il recettore dell’ormone luteinizzante (LH) che in natura appunto ha lo scopo di far ovulare la donna.

Cosa succede dopo la stimolazione? Quali ormoni vengono utilizzati oggi? Esistono ormoni simili a quelli prodotti naturalmente dall’organismo femminile?
          Dopo la stimolazione ovarica, il recupero degli ovociti e l’ottenimento degli embrioni, avviene il transfer. Quando si trasferiscono gli embrioni nell’utero, è indispensabile cominciare la somministrazione di progesterone.

          Oggi si preferisce usare il progesterone naturale, in tutto identico a quello prodotto dall’ovaio della donna, e che si differenzia dai cosiddetti progestinici, che non sono invece molecole presenti nell’organismo umano, bensì sostanze di sintesi simili al progesterone ma modificate farmacologicamente per aumentarne l’emivita, ovvero il tempo necessario per ridurne la concentrazione nel sangue.

         L’impiego dei progestinici come supporto della fase luteale è visto con una certa diffidenza dagli specialisti, perché si pensa che a lungo termine possano avere diversi effetti collaterali, ad esempio svolgere un’azione androgenica, causare una modificazione dei valori dei grassi nel sangue, indurre effetti sulla pressione arteriosa, ecc.

          Rischio di effetti secondari che il progesterone naturale non presenta: essendo uguale a quello sintetizzato dall’organismo, mantiene il completo rispetto della neutralità metabolica, cioè non possiede nessuna attività di carattere metabolico, risultando perfettamente tollerato dalla donna.

          Questo rispetto della fisiologia femminile determina un altro grande vantaggio: la sicurezza dal punto di vista embrio-fetale. II progesterone naturale può essere infatti somministrato tranquillamente fino al termine del primo trimestre di gravidanza, aumentando sensibilmente le possibilità di portarla a termine senza rischi per il nascituro.

Fonte https://www.progestazione.it

17 luglio 2018

Sindrome dell'infertilità psicogena: quando lo stress è nemico della coppia

Sindrome dell'infertilità psicogena di coppia
         In gergo medico si chiama SIPC ed è la sindrome d'infertilità psicogena di coppia, in cui si passa da un desiderio che brucia ad ogni ora alla completa pace dei sensi. E’ ciò che succede quando "lo stress si insinua nella coppia crescendo enormemente in poco tempo, e creando una situazione difficile da superare per realizzare il sogno della maternità e della paternità". A descrivere la Sipc, per la prima volta in modo compiuto, è Franco Avenia, presidente dell'Associazione italiana per la ricerca in sessuologia (Airs), che illustra le cinque fasi in cui si sviluppa la sindrome:

    Картинки по запросу Sindrome dell'infertilità psicogena
  • Grande entusiasmo, desiderio sessuale, alta frequenza di rapporti;
  • Lo stallo in cui, nonostante ci si applichi con frequenti rapporti sessuali, mirati e attuati nei tempi giusti, la gravidanza non si sviluppa. Ciò probabilmente è dovuto a una definalizzazione del rapporto sessuale, in cui si attua una spiritualizzazione dell'atto sessuale, ovvero un'inversione della finalità originaria istintuale: procreazione verso piacere;
  • I partner cominciano a vivere una sensazione di incapacità e inizia a crescere l'ansia prima di ogni rapporto. Al desiderio si sostituisce la volontà;
  • Si notano allora una riduzione dei comportamenti sessuali penetrativi, la perdita dell'aspetto ludico dell'interazione, una crescita dell'ansia da prestazione, e l'attesa del fallimento che genera stress producendo a sua volta un altro fallimento. Scatta la disfunzione erettile funzionale;
  • Si spengono completamente il desiderio e la volontà dell'atto sessuale. "Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità - ricordano gli specialisti - una coppia che dopo un anno o, al massimo due, di rapporti sessuali non protetti non riesce a concepire è considerata infertile. L'infertilità di coppia si manifesta sempre più frequentemente, interessando circa il 15% della popolazione. Le cause dell'infertilità di coppia sono molteplici e di diversa natura".

         "In ambito femminile, principalmente, abbiamo alterazione dell'apparato riproduttivo, disfunzioni ormonali, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, obesità, anoressia, alcolismo, uso di droghe, inquinamento ambientale – elencano gli specialisti dell'Airs - Mentre sul versante maschile osserviamo insufficiente produzione di spermatozoi, anomalie morfologiche degli spermatozoi, malattie sessualmente trasmesse, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, esposizione a fonti inquinanti. Oltre a ciò abbiamo una percentuale del 15,6% di cause idiopatiche, ovvero senza cause apparenti. Tra queste - evidenziano gli esperti - le più significative, come segno dei nostri tempi, sono nel versante femminile l'innalzamento dell'età media nella quale si cerca la gravidanza, rendendola progressivamente più improbabile; su quello maschile, l'uso di sostanze inquinanti presenti negli alimenti, ma anche in oggetti di uso comune, in tessuti, cosmetici, detergenti, e tra gli sportivi, anche non professionisti, l'utilizzo di sostanze dopanti".

         Nello specifico, il Registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita indica

  • infertilità maschile 29,3%;
  • infertilità femminile 37,1%;
  • infertilità maschile e femminile 17,1%;
  • infertilità idiopatica 15,6%;
  • fattore genetico 0,9%

         Ma fattori ambientali, lavorativi, socio-culturali, abitudini di vita assumono un rilievo sempre maggiore nella salute della coppia e lo stress, tra questi, appare il principale ostacolo a ottenere una gravidanza, rappresentando un'alta quota delle cause dell'infertilità idiopatica

Fonte https://www.pianetadonna.it

16 luglio 2018

Infertilità di coppia: si comincia da lui

         Quando si cerca un bebè, di solito i medici suggeriscono di aspettare almeno un anno prima di cominciare a effettuare i controlli per identificare eventuali ostacoli al concepimento. A quel punto, gli esperti consigliano di cominciare con l’aspirante papà. Ma per quale ragione, visto che l’infertilità o l’ipofertilità della coppia è di origine maschile nel 35% dei casi, la stessa percentuale di quella femminile? Perché le indagini previste per l’uomo sono meno invasive e meno costose di quelle per la donna.

Primo step, l’analisi del liquido seminale: spermiogramma e spermiocoltura
Картинки по запросу Infertilità di coppia: si comincia da lui         Due sono gli esami raccomandati per controllare la fertilità maschile, lo spermiogramma e la spermiocoltura. Il primo consiste nell’analisi di un campione di liquido seminale per determinare se la concentrazione degli spermatozoi è normale o inferiore alla norma. Si parla rispettivamente di normozoospermia e oligozoospermia. Ci sono poi la criptozoospermia, che è una carenza grave di spermatozoi e l’azoospermia, che è l’assenza di spermatozoi. Viene determinata inoltre la motilità delle cellule, cioè la loro capacità di spostarsi per risalire le vie genitali femminili e fecondare l’ovocita, e la presenza di alterazioni nella forma degli spermatozoi, che possono comprometterne la funzionalità.

         Astenozoospermia è il termine utilizzato per indicare una motilità al di sotto della norma, mentre la teratozoospermia è una presenza rilevante di spermatozoi difformi. Lo spermiogramma serve anche a valutare alcune caratteristiche generali dell’eiaculato che influiscono sulla probabilità di concepimento: il volume, la viscosità e il grado di acidità. L’esame va ripetuto due volte a una distanza minima di sette giorni l’una dall’altra. La spermiocultura, basata anch’essa sull’analisi di un campione di liquido seminale, serve invece a diagnosticare eventuali infezioni batteriche asintomatiche. Se non vengono curate prontamente, possono cronicizzare e danneggiare il liquido seminale, ossidando e frammentando il DNA degli spermatozoi.

L’importanza di un corretto stile di vita
         Diversi fattori possono essere all’origine di una ipofertilità maschile. Per esempio, può trattarsi di una causa genetica, di un’infezione silente trascurata e cronicizzata o di un varicocele, una patologia del sistema vascolare dei testicoli. Altri elementi che influiscono sono l’obesità, l’età avanzata, l’abitudine al fumo, il consumo eccessivo di alcolici, l’utilizzo di biancheria e indumenti molto attillati, che mantengono troppo elevata la temperatura dei testicoli. Evidenziato il problema, in alcuni casi è possibile risolverlo con una terapia farmacologica. Si ricorre agli antibiotici se la causa è infettiva, agli ormoni, oppure agli antiossidanti in altre circostanze. Un eventuale varicocele può essere corretto chirurgicamente, ma l’intervento ha una buona efficacia solo se l’uomo ha meno di 30 anni.

Fonte http://www.dolceattesa.com

12 luglio 2018

Infertilità femminile: le 7 cause più comuni

Картинки по запросу infertilita femminile cause          Si stima che in Italia una coppia su 5 non riesca ad avere figli, mentre in America i dati sull'infertilità femminile vedono 6,7 milioni di donne, fra i 15 e i 44 anni, a combattere con problemi che mettono in discussione la possibilità di restare incinte, quantomeno in modo naturale.

          Rispetto al passato si fanno meno figli, è un dato di fatto. Ma se per una certa percentuale di soggetti, si tratta di scelta di vita, per molti è una questione indipendente dalle proprie decisioni. Per quanto riguarda le donne, di seguito le 7 cause più comuni di infertilità femminile e le cure più efficaci per alcune di esse.

  1. Sindrome dell'ovaio policistico - La PCOS, sindrome da ovaio policistico o policistosi ovarica, è causata da squilibri ormonali (eccesso di testosterone) e conseguente crescita delle ovaie e presenza di cisti al loro interno. Questa condizione è alla base dei problemi di infertilità, ma può essere trattata con una terapia farmacologica in grado di ridurre la produzione di ormoni androgeni, agendo allo stesso tempo sull'aumento dell'ormone follicolo stimolante FSH, tramite somministrazione di Clomifene.
  2. Fattori ormonali - Oltre alla PCOS, ci sono altri tipi di fattori ormonali che incidono sulla fertilità della donna. Disfunzioni dell'ipotalamo possono infatti portare a insufficienza ovarica primaria, che spesso ha addirittura sintomi simili alla menopausa precoce. Per trattarla si associa una terapia ormonale a base di estrogeni con integrazione di calcio e vitamina D. Questi ultimi non direttamente legati alla fertilità, ma usati per scongiurare il rischio di osteoporosi.
  3. Endometriosi - Questo disturbo fa sì che ci sia crescita di tessuti dell'utero anche in sedi diverse da quelle canoniche, con la conseguenza che possono esserci "blocchi" e aderenze in direzione delle Tube di Falloppio. Questo rende estremamente difficile il concepimento. Il trattamento varia da persona a persona, ma l'ultima spiaggia è certamente la chirurgia, con l'eliminazione del tessuto cicatriziale.
  4. Infezioni intime - Le infezioni intime possono colpire tube, utero e ovaie, creando problemi di concepimento. Le più comuni sono clamidia e gonorrea, che possono essere trattate con terapia farmacologica e, se riconosciute in tempo, si possono scongiurare eventuali danni al sistema riproduttivo. Attenzione invece a trascurare le alterazioni intime di qualunque tipo, perché malattie e infezioni non curate possono compromettere a lungo termine le funzioni degli organi riproduttivi.
  5. Età avanzata - L'età compromette senza dubbio la fertilità femminile. Il calo è graduale e continuo e già dopo i 36-37 anni diventa più difficile concepire. Ovviamente, il modo migliore per aggirare l'ostacolo è di provare ad avere figli fra i 20 e i 25 anni, nel pieno della fertilità. Quando si è in età matura, ci si può far aiutare da terapie ormonali per migliorare le possibilità di concepimento.
  6. Peso corporeo non equilibrato - Le donne eccessivamente sottopeso, così come quelle in stato di obesità, possono avere non solo problemi a restare incinte, ma anche a monte difficoltà ad avere un ciclo mestruale regolare e quindi una corretta ovulazione. Qui la cura è quindi una dieta completa di tutti i nutrienti e sana dal punto di vista delle calorie, unita ad un po' di attività fisica per mantenere una silhouette giusta.
  7. Altre cause sconosciute - C'è poi anche una percentuale di cause di infertilità considerate sconosciute. Secondo l'American Society for Reproductive Medicine, circa il 5-10% dei casi di coppie che hanno difficoltà a concepire, hanno test di fertilità con valori considerati normali. In questi casi si agisce cercando di migliorare le possibilità di concepimento con terapie ormonali, ma è il medico specialista che, a seconda dei casi e dell'età della paziente, valuterà la soluzione più adeguata.

Fonte http://scienzaesalute.blogosfere.it/post/576572/infertilita-femminile-le-7-cause-piu-comuni-e-le-cure-disponibili

9 luglio 2018

Domande indiscrete sull’infertilità


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       La procreazione è vista come un passo quasi obbligato per ogni coppia , ma le domande tipo "Voi i figli? Niente?", Quando farete un figlio?”, “Che cosa c’è che non va bene?”, “Avete già piu’ di trent’anni, è arrivata l’ora di fare un figlio altrimenti sarà troppo tardi”. - già di suo imbarazzanti - possono andare a colpire duro come un pugno nello stomaco in caso la coppia viva la mancata genitorialità come un problema vero, per esempio nel caso di sterilità o difficolà nel procreare.
        Percio' quando si tratta dell’infertilità le domande del genere e troppa attenzione all’argomento da parte degli amici e famigliari possono causare emozioni negative e persino la depressione.

        Quando qualcuno pone una domanda  indiscreta nei vostri confronti viola il vostro spazio personale. Succede spesso che una persona non immagina che voi stiate affrontando un problema del genere e  le sue domande inopportune possono ferirvi e causare dei disturbi psicologici.

        “Per molto tempo non riuscivo a rimanere incinta. Facevo la cura però io e mio marito eravamo disperati. Il punto piu’ dolente della situazione erano le  domande infinite tipo “Perché state aspettando? Quando pensi di partorire? Devi pensare ai figli, non di prendere un cane”. E gli auguri durante le feste mi facevano arrivare al limite: “Vi auguriamo un figlio! Fatelo presto!”. Ero stanca e non ce la facevo piu’ a sentire sempre le stesse frasi”, - racconta una paziente della clinica riproduttiva.

        Non ci si può far niente, la gente è così. I medici esperti consigliano di non dimostrare le offese. Come soluzione è possibile preparare una frase tipo “Stiamo pianificando una gravidanza” e rispondere a tutti con un sorriso...la pianificazione è un processo lungo.

        Le persone che hanno problemi con il concepimento attirano l’attenzione degli altri in una maniera eccezionale. Sembra che tutto il mondo abbia deciso di chiedere loro quando pensano di diventare genitori. Secondo gli psicologi, tale attenzione è la reazione al desiderio non soddisfatto delle coppie sterili di parlare del loro problema. A loro risulta difficile discutere la loro situazione, condividere tutto  con i tutti, però ne hanno bisogno quindì questo si fa sentire. Per cui un consiglio psicologico sarebbe parlare apartamente del problema però in un ambiente riservato e di fiducia. È molto nocivo tacere a proposito della sterilità percio'  PARLATE! Parlate tranquillamente ai membri della vostra famiglia e amici stretti, persone che hanno già fatto un percorso simile e che hanno i problemi simili  oppure psicologi. Non parlatene con persone poco conosciute, ma soprattutto con coloro che vi possono recare danni in seguito.

Come agire quando la domanda è già stata posta?
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         Il primo consiglio è di non tacere ma difendere i limiti della propria privacy. In ogni caso bisogna difenderla in modo prudente. Le regole generali ci dicono: prendere in considerazione chi fa la domanda, parlare senza dare colpe, parlare solo di sé stessi ed essere seri ed aperti. È sempre possibile scherzare a proposito, ma bisogna capire che non è  la soluzione del problema ma solo il suo allontanamento al futuro. Difendendosi bisogna mantenere il giusto tono della conversazione e non diventare un agressore. Fate capire che non siete intenzionati a continuare a parlare dell’argomento  in maniera corretta e aperta. Parlate non del vostro problema, ma dei sentimenti che provate quando vi pongono una domanda inopportuna.

        Dipende molto da chi proviene la domanda e che rapporto intrattenete con questa persona. Se c’è molta attenzione indesiderata da parte di persone estranee provate a reagire in modo originale. Ad esempio, si può rispondere alla domanda con un’altra domanda così spostando il nucleo dell’attenzione: “E quando ci consiglierebbe di iniziare?”, “Mi sembra che il discorso verta su di me... Non mi metta in imbarazzo... Mi racconti Lei come sta?”. Inoltre, se la domanda proviene da una persona non molto cara vi potete permettere una risposta piu’ semplice : “Non mi fa tanto piacere parlarne, mi farà una cortesia se non mi farà piu’ le domande del genere e adesso cambiamo l’argomento”.

        Prima di rispondere a tale domande ascoltate la vostra anima e i sentimenti che provate. Certo che la soluzione migliore è rispondere con il tono calmo, ma non è vietato esprimere la rabbia, l’odio, l’angoscia e l’offesa. Questo è del tutto normale. Però ricordate che sia possibile esprimere apertamente i sentimenti anche senza dimostrare i segni di irritazione. Tutto deve rientrare nei giusti limiti.
        È importante ricordare sempre che non esiste l’infertilità assoluta. Troverete anche voi la clinica e il medico che vi aiutera' a realizzare il vostro sogno di diventare genitori.   

4 luglio 2018

Qualità dello sperma, gli integratori non lo migliorano

Картинки по запросу Qualità dello sperma         Vitamina C, D3, E, acido folico, zinco, selenio e acetil-L-carnitina. Tutti in una o più compresse prescritte a gogò per combattere l'infertilità maschile e migliorare la qualità degli spermatozoi. Prescritti comunemente dappertutto. Empiricamente. Partendo dal presupposto che se i livelli di antiossidanti sono più bassi negli uomini infertili che nei fertili, una supplementazione può avere un razionale. E invece uno studio americano - doppio cieco, con placebo e randomizzato, quindi incontestabile - dimostra che prescrivere integratori per migliorare l'infertilità maschile non serve a nulla.

• LO STUDIO
         Lo studio - il più vasto nel suo campo - è stato presentato al congresso annuale Eshre della società europea di riproduzione umana ed embriologia dalla professoressa Anne Steiner dell'Università del North Carolina a Chapel Hill (Usa). Sono stati esaminati gli uomini di 174 coppie di otto centri americani, tutti quanti con diagnosi di infertilità: alcuni avevano livelli sotto la norma di concentrazione spermatica (che per l'Oms è uguale o maggiore di 15 milioni di spermatozoi per millilitro), di scarsa motilità (che dovrebbe essere uguale o maggiore del 32%), e di morfologia (quella normale dovrebbe essere uguale o maggiore del 4%), o valori più elevati di frammentazione del Dna (la normalità dovrebbe essere uguale o superiore al 25%). Questi parametri sono stati misurati all'inizio dello studio e dopo tre mesi. Nel frattempo ad un gruppo è stata data una formulazione giornaliera con 500 mg di vitamina C, 2000 IU (unità internazionale) di vitamina D3, 400 IU di vitamina E, 1 mg di acido folico, 20 mg di zinco, 200 mcg di selenio e 1000 mg di acetil-L-carnitina. All'altro gruppo è stato dato placebo. Gli uomini sono stati trattati per un periodo minimo di tre e un massimo di sei mesi. Le donne delle coppie avevano meno di 40 anni, con tube pervie e ovulazione.

• I RISULTATI
         Dopo tre mesi di trattamento i risultati: una minima differenza tra i due gruppi per il parametro della concentrazione spermatica e nessuna differenza significativa per tutti gli altri. Così come non ci sono state differenze importanti nel concepimento spontaneo (10,5% nel gruppo con antiossidanti e 9,1 nell'altro).

• LE CONCLUSIONI
         Le conclusioni del gruppo della Steiner sono che la supplementazione non è efficace e dunque non è consigliata. E a chi obietta che studi precedenti avevano tratto conclusioni opposte risponde che i numeri considerati erano troppo piccoli, che c'era troppa eterogeneità tra i pazienti, eccessiva varietà anche negli antiossidanti utilizzati e in ogni caso endpoint non clinici. E che questo è l'unico studio con grandi numeri, disegnato proprio per mostrare una evidenza indiscutibile. E per mettere la parola fine a prescrizioni dispendiose e inutili.

Fonte http://www.repubblica.it

2 luglio 2018

Troppo magri, obesi e vegani: sono loro a maggiore rischio infertilità

Problemi di ovulazione
POST OD JEDZENIA        Una ricerca della Harvard School of Public Health ha scoperto un calo dei problemi di infertilità nelle donne alla ricerca di un figlio che seguivano una dieta sana: chi segue regimi alimentari corretti riduce del 66% il rischio di infertilità per problemi di ovulazione. In una equilibrata alimentazione rientra anche l’assunzione di caffè.

        Nessuna controindicazione davanti al consumo di un paio di tazze al giorno, ma le donne che consumano più di cinque caffè al giorno, secondo uno studio danese della Fertility Clinic di Aarhus, avrebbero il 50% di probabilità in meno di ottenere il successo con una fertilizzazione in vitro.

Eccessiva magrezza
        La ricerca di Harvard non va che a rafforzare le tesi di precedenti studi. In Italia il 12% dei casi di infertilità dipende da eccessivo peso ponderale o da eccessiva magrezza nella donna, sosteneva un’interessante ricerca dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano che ha preso in esame circa 5.000 adulti, fra i 20 e i 40 anni (Agi, ottobre 2014).

        Ma sono diversi gli studi che evidenziano che un peso non adeguato alla propria altezza aumenta il rischio di aborti e di sterilità.

        Nelle donne sottopeso il tasso di gravidanza dopo Pma (procreazione medicalmente assistita) è del 20% più basso rispetto alle donne normopeso. Le donne sovrappeso o obese, invece, hanno ridotti tassi di gravidanza e aumentati tassi di aborto dopo Ivf (fecondazione in vitro). L’obesità materna aumenta il tasso di neonati gravemente prematuri in gravidanze gemellari dopo Ivf.

Maschi a rischio
        Il problema di peso non riguarda solo le donne. Anche il sottopeso, il sovrappeso e l’obesità maschili si associano a una ridotta qualità seminale e a un elevato rischio di sub-fertilità nelle coppie in cui il partner maschile è obeso. Ma c’è anche un altro aspetto che non va sottovalutato: ovvero seguire diete particolari, come quella vegana.

Dieta vegana
        Seguire una dieta vegetariana può ridurre il numero di spermatozoi? E questo aspetto può a propria volta mettere a rischio la fertilità maschile? Una dieta ricca di frutta e verdura protegge da molte malattie e può prolungare la vita. Ma ha effetti negativi dal punto di vista della fertilità? (Greenme.it, ottobre 2014)

        Gli esperti della Loma Linda University, nel Sud della California, si sono impegnati un progetto di quattro anni per ricercare gli effetti delle diete sullo sperma. Questa regione ha un’elevata popolazione formata da Avventisti del Settimo Giorno che scelgono di eliminare la carne dalla loro dieta o di ridurne molto il consumo.

Carne e verdure
        Gli Avventisti del Settimo Giorno vivono in media 10 anni più a lungo rispetto all’aspettativa di vita americana. Secondo le ipotesi degli esperti la longevità poteva risultare legata ad una migliore qualità dello sperma. Ma dagli studi è emerso l’esatto opposto. Secondo quanto riportato dal Telegraph, i vegetariani e i vegani hanno quantità di sperma più basse rispetto a chi mangia carne: 50 milioni di spermatozoi per ml rispetto a 70 milioni per ml.

Spermatozoi attivi
        Hanno inoltre una motilità dello sperma – fattore che indica il numero di spermatozoi attivi – inferiore. In vegetariani e vegani soltanto 1 spermatozoo su 3 sarebbe risultato attivo, a confronto con il 60% rilevato per i consumatori di carne. I ricercatori credono che le cause siano da individuare in una carenza di vitamine o nella sostituzione della carne con la soia.

Fonte https://it.aleteia.org/2018/06/28/la-cattiva-alimentazione-porta-allinfertilita/2/

Lo stress riduce la fertilità nelle donne, non quella dei maschi

         Lo stress riduce la fertilità delle donne. Questo, però, non vale per gli uomini. E' quanto emerge da un nuovo studio dell'...